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IN UN MONDO A PARTE
 
Incertezze ed apatia tra i giovani capresi

        Ci sentiamo edonisti? Quanto dell’inerzia e dell’apatia dei giovani capresi è attribuibile all’edonismo, alla ricerca del piacere e del divertimento? Ce la sentiamo di estendere anche a Capri il giudizio che il Papa ha emesso contro l’Emilia-Romagna, qual ricettacolo di perversione?
        Capri si è trasformata, negli anni, in uno scenario di esibizionismo, di ricerca del piacere e del divertimento. Un luogo che per 4 - 5 mesi all’anno si accende di vita, di folla, di feste e diventa sinonimo di ricchezza e bellezza, dominio dell’effimero e della superficialità. Capri nell’immaginario collettivo, è simbolo della ricerca del piacere come fine della vita, dove tutto è subordinato alla personale soddisfazione ed all’egoistico godimento.
        Ma quest’immagine di Capri quale capitale dell’edonismo rischia talvolta di diventare un facile pretesto, perché un problema quale quello dell’apatia della gioventù isolana non può dipendere da questa immagine frivola ed effimera dell’isola, proposta dalle copertine patinate e che al più può interessare i suoi frequentatori estivi.
        Come reagiamo al troppo pieno estivo intenso, ricco di sollecitazioni da ogni dove, ed al troppo vuoto invernale in cui, per vari mesi, la vita è come si spegnesse ed un letargo diffuso coprisse ogni forma di attività? Come reagiamo a tutto ciò? Questi ritmi di vita così contrastanti lasciano trasparire un quadro della realtà giovanile a dir poco sconfortante. Agli occhi di un osservatore esterno i giovani di Capri offrono senz’altro un’immagine di apatia e superficialità. A dispetto del vigore e dell’entusiasmo dell’età si presentano privi di stimoli e vitalità, rivolti alla soddisfazione dei propri personali interessi, dimentichi ed indifferenti a tutto quanto sia impegno sociale, politico e culturale. In alcuni casi si lasciano totalmente coinvolgere dall’etica consumista di cui l’isola è simbolo, rivolgendo le proprie energie alla cura della propria sfera personale, inquadrando ogni problema o in un’ottica superficiale o in un’ottica grettamente rivolta a ristretti interessi materiali.
        Questi atteggiamenti, soprattutto di fronte ai problemi dell’isola, conducono a prospettive preoccupanti e non certo rosee per il futuro. Come potrà questa gioventù un domani, con quali strumenti e modi, porsi in maniera alternativa all’attuale classe dirigente, una volta che essa cederà spazio e poltrone? Questi atteggiamenti di indolenza lasciano trasparire un’indifferenza preoccupante per i problemi che un giorno saranno nostri, che dovremo affrontare e possibilmente risolvere. Non è possibile fronteggiare tutto questo impreparati perché ne va di mezzo il futuro economico-politico dell’isola. Con quali credenziali di serietà e preparazione e con quale garanzia di apporti positivi possiamo già da oggi presentarci come futura classe dirigente finalmente adeguata alla tradizione ed alla fama di Capri? È certamente una situazione foriera di presagi negativi.
        Un impegno rivolto unicamente alla soddisfazione dei propri egoistici bisogni non ci permette di avere prospettive confortanti. Di chi è la colpa di questa squallida situazione, a chi addebitarne le responsabilità? Alla scuola che non ci prepara adeguatamente ad affrontare le realtà, che non ci indica modi e strumenti con cui indirizzare forze ed energie alla partecipazione attiva alla vita sociale, culturale e politica di Capri? È la scuola che non è in grado di affrontare l’enorme responsabilità di garantire la felice crescita culturale di noi giovani? Oppure mi chiedo se la nostra forma mentis sia ormai ristretta come i confini dell’isola e così siamo proprio noi a non volere, il che è peggio, essere coinvolti in qualsiasi forma di impegno.
        Potrebbe essere proprio di noi giovani la responsabilità: infatti, anche quando evadiamo da questa realtà ristretta ed opprimente, non siamo capaci di riportare sull’isola stimoli, nuove esperienze acquisite in terraferma, di far fruttificare ciò che abbiamo visto, che ci ha cambiati, che ci ha resi meno provinciali.
        Continuando in questa ricerca di responsabilità, la mancanza di stimoli potrebbe dipendere dal fatto che le élites culturali che frequentano Capri non sono mai state capaci di instaurare un dialogo, un confronto costruttivo con i nativi, non hanno apportato elementi tali da far nascere e crescere una vita culturale caprese autoctona.
        Mi chiedo infine se l’Amministrazione si sottragga a questo carico di responsabilità: non è certo l’autorità pubblica che deve far nascere entusiasmi ed attivismo, ma può fornire certo gli strumenti o almeno creare le condizioni che indirettamente smuovano, infondano slanci vitali nell’appiattimento, nella normalizzazione della vita caprese, giovanile e no. Il mondo degli adulti non solo ha questo carico nei confronti dei giovani, ma esso stesso come tenta di smuovere gli animi? Per lo più proponendo modelli tradizionali, un ritorno al passato, visto come esempio positivo e modello esemplare, da scimmiottare, proponendo schemi di vita lontani e superati, dimenticando che solo la critica costruttiva ed il confronto con chi ha davvero accumulato esperienze e conoscenze originali e fresche possono offrire, partendo dal riconoscimento degli errori del passato, una via di uscita dal ristagno in cui ci dibattiamo e da cui disperatamente cerchiamo di uscire.
        Questo malessere politico-amministrativo-ambientale della società caprese non trova espressione, come altrove, nella mobilitazione e nella protesta dei giovani che non manifestano affatto la loro insoddisfazione per la condizione in cui l’isola si trova, non reclamando  un’azione politica più incisiva a favore dei problemi isolani, come se vivessero in un mondo a parte, veramente isolati ed estranei.
        Ora, in chiusura, obiettivo di quest’analisi della realtà caprese, in qualunque modo essa venga interpretata, è quello di registrare le voci di noi protagonisti, dando vita ad uno spazio, ad una vetrina, una voce alle carenze delle strutture ed alle prospettive dei giovani. Noi tutti conosciamo i problemi di Capri e questo è un invito a discutere, a criticare costruttivamente, a polemizzare, se necessario, ma soprattutto a confrontarsi con chi è andato via e si è affrancato da questa situazione, con chi frequenta l’isola saltuariamente e che non ha saputo, voluto o potuto infondere energie e slanci vitali, perché "la parola, anche la più contraddittoria, mantiene il contatto: è il silenzio che isola" ( T. Mann).

         Carla De Gregorio