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Associazione
Culturale e Casa Editrice - Via San Costanzo, 8
80073 Capri Italy - Email info@oebalus.org |
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Uno degli spettri dell’attuale pontificato è quello della secolarizzazione,
cioè della laicizzazione e mondanizzazione delle mentalità
e dei costumi del popolo credente. Ciò significa, in parole povere,
che i credenti tendono sempre più a regolare la propria fede sulla
base di criteri personali e ad affrancarsi dalle direttive della gerarchia.
Si paventa, insomma, una crescente scristianizzazione dell’Occidente
sotto i colpi dell’edonismo, dell’individualismo e del materialismo dominanti.
Ed a tutto ciò il Papa ha inteso rispondere, fin dagli albori del
suo pontificato, con una nuova pastorale ed una nuova evangelizzazione
che puntassero anche al recupero della pietà popolare dimenticata.
Sintomatico, in questo senso, e il nuovo impulso da lui dato alla fede
mariana. Anche il recente documento dei vescovi sul Meridione, Chiesa
e Mezzogiorno, pone l’accento su di un recupero della pietà
popolare. Ora, sembra che da un po’ di tempo a questa parte la vita religiosa di Capri sia sotto l’impulso di un nuovo corso. La popolazione sembra benedire questo rifiorire di attività liturgiche e parrocchiali: cortei, processioni, visite pastorali... Sembra che sia uscita di scena tutta una politica ecclesiastica. Quale? Con l’avvento degli anni ’70 la Chiesa di Capri usciva da un periodo eccessivamente spiritualizzato, appariscente, il cui esagerato culto dei santi spesso non permetteva di distinguere la fede dall’idolatria. In questa Chiesa accentratrice, pre-conciliare, controriformista, tipica di Capri prima degli anni ’70, veniva ad inserirsi con effetto dirompente una politica liturgica ed ecclesiastica certamente nuova, che rigettava senza tanti complimenti alcuni aspetti barocchi del culto, senza troppo curarsi di stornare da sé le simpatie ed il favore del popolo cattolico, a cui sicuramente questo taglio netto con il passato doveva apparire incomprensibile ed ingiustificato. Ciò significa che la base nutriva un sensibile malcontento verso il vertice della Chiesa locale. Alcuni aneddoti che giravano intorno alla stagnarella di San Costanzo sono emblematici in questo senso. La pietà popolare si sentiva defraudata da tutta una serie di tradizioni senza che fosse spiegato ad essa né il perché né il percome. Pare adesso che tutto il patrimonio culturale negletto stia ritornando di botto alla luce, quasi a significare che la tendenza generale del pontificato di Giovanni Paolo II sia stata accolta da Capri in pieno solo all’inizio degli anni ’90 e che essa ne sia stata precedentemente risparmiata. Ma non solo nella sfera del culto il vecchio corso (rispetto a quello attuale) mieteva dissenso; anche nella cura parrocchiale esso non sembrava molto zelante. L’interesse che questo nutriva verso le attività ed i movimenti della parrocchia ed anche verso il volontariato laico non difettava certo per eccesso. Il ristagno e l’inerzia in cui versava la parrocchia, con l’avvento dei parroci attuali, hanno sembrato ricevere uno scossone. Se prima ci si poteva lamentare di un andazzo fin troppo tranquillo e di un torpore che sembrava avvolgere tutto e tutti, adesso pare che l’attivismo e la militanza clericale siano una bandiera dell’attuale corso. Il rispolvero ed il recupero delle vecchie tradizioni liturgiche vanno di pari passo con un intruppamento da clima quarantottesco. In particolare i giovani sembrano essere i protagonisti ed i beneficiari di questa svolta. Abbiamo cercato, nella nostra modestia, di capire cosa c’è alle radici di questo che oseremo chiamare un nuovo revanscismo clericale. Innanzitutto bisogna riconoscere che la religiosità cattolica, incline alle sensazioni forti, ha sempre avuto un che di teatralità e di corposità barocca. Del resto Jean Delumeau, storico delle mentalità religiose nell’età moderna, ha avuto più volte modo di sottolineare nelle sue opere che la cristianizzazione dell’Europa moderna e sempre avvenuta innestandosi su di un ceppo di arcaiche tradizioni pagane, per cui non è sempre facile sceverare ciò che è cristiano da ciò che non lo è. I due piani sono tra di loro saldamente ed inestricabilmente intrecciati, così che, a dire di Delumeau, voler dare un taglio netto alle tradizioni popolari sarebbe come voler segare l’albero su cui il cattolicesimo si trova. Il cristianesimo puro sarebbe solo un modello astratto. Disincarnare all’accesso la religione quotidiana era già un’assurdità per i cristianizzatori dei secoli XVI-XVIII che intesero condurre una propaganda depaganizzatrice contro le superstizioni, nella prospettiva di una pratica unanimista. Per questo i recenti studi storici e sociologici sulla religione popolare hanno avuto come conseguenza una sua riabilitazione e hanno messo in evidenza una dimensione magica anche nel cristianesimo. Essi, per quanto illuminanti, non devono indurre in conclusioni semplicistiche e a credere che si ristabilirà il cristianesimo cattolico giocando troppo sistematicamente una carta neo-populista. Questo significherebbe dimenticare altri fattori che hanno in larga misura contribuito alla scristianizzazione. In tutto questo è anche vero che un recupero acritico delle tradizioni, che non permetta di purificarle dai loro elementi spuri e soprattutto di inquadrarle storicamente, costituirebbe senza dubbio un salto indietro nel passato. Cosi come la nuova evangelizzazione risulterebbe controproducente se si limitasse ad un propaganda che non tenesse conto dei nuovi valori della società e soprattutto se si ignorassero i non pochi aspetti positivi dello spauracchio della secolarizzazione. I giovani non hanno fame di religione, di Sacro, ma di religiosità, cioè della ricerca di un senso di vivere. Il nuovo clericalismo caprese sembra giocare la carta del populismo, disponendosi cioè a far leva sul malcontento della popolazione, soprattutto più anziana, che ricorda tempi migliori. Saprà esso far corrispondere al ritorno delle tradizioni ed alla massiccia opera di rievangelizzazione un significativo salto qualitativo sul piano etico? Daniele Vuotto |