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I "GATTOPARDI CAPRESI"
 
La chiesa di Capri e le contraddizioni della società caprese

      Da diversi decenni la società caprese ha attinto livelli di benessere economico che la distinguono dal restante Meridione e la accomunano ad altre località turistiche. Corollario inevitabile di tale sviluppo è un sempre più diffuso materialismo.
      Portato naturale di questa innegabile evoluzione è anche un'oggettiva emancipazione in senso laico delle mentalità e dei costumi. Gli effetti - non sempre inopinabili - di un tale dato di fatto toccano anche e soprattutto la sfera del religioso nella quale si profila una sempre più netta divaricazione tra l'insegnamento della chiesa, da una parte, e la pratica ed i comportamenti individuali dei credenti, dall'altra. Questa secolarizzazione si manifesta in maniera più evidente nella concezione della famiglia, della sessualità e del costume in generale. La famiglia patriarcale si sfalda in favore di quella mononucleare, meno stabile e più incline, tra le altre cose, al divorzio. La liberalizzazione sessuale sembra ormai essere una conquista irreversibile, nonostante una certa inversione di tendenza. La religiosità dei credenti è sempre più individualistica ed autonoma, incurante del magistero ecclesiastico. La scienza riafferma sempre più la sua indipendenza dalla sfera religiosa.
      Come si pongono di fronte a tutto ciò, al di là degli anatemi e delle scomuniche, il magistero e la politica della chiesa? A parte le prese di posizione moralistiche, quali sono le alternative da essa prospettate?
      Su di un piano generale, la chiesa ribadisce la validità dell' istituto familiare, si pone decisamente in maniera critica di fronte a qualsiasi pratica anticoncezionale, cerca di avvicinare il credente alla pratica religiosa mediante una forte reviviscenza del sacro e delle tradizioni cultuali. Ma proprio questa reazione non fa che provare che il vecchio modello di cristianesimo è decisamente in crisi. La chiesa del futuro (intesa come comunità dei credenti) dovrà essere per forza di cose una chiesa minoritaria. Il modello di una chiesa minoritaria deve, per poter avere un futuro, integrare elementi che possono sembrare contraddittori tra loro.
      Si delinea così la necessità di conciliare proposizioni apparentemente inconciliabili in una sintesi ecclesiologica e religiosa nuova: il vivere in una società laicizzata l'avere nello stesso tempo delle forti motivazioni di fede; la libertà nei confronti dello Stato e la necessità di avere un peso reale nelle cose del mondo; la possibilità di intervenire nella vita quotidiana senza essere al potere né tantomeno organizzarsi come contropotere; la sottolineatura della dimensione verticale del cristianesimo non disgiunta dalla permanente attenzione alle necessità orizzontali della giustizia su scala mondiale e ridefinizione del governo della chiesa e la necessaria compartecipazione dei fedeli; la promozione della donna nella chiesa e nello stesso tempo il rifiuto di qualsiasi neo-clericalismo.
      Spostiamo ora l'analisi dal piano generale al piano particolare di Capri, che sembra riprodurre in scala le tendenze della chiesa odierna. Come abbiamo sottolineato in un precedente articolo, sembra che da noi sia particolarmente forte il recupero delle tradizioni della religione popolare, non senza aspetti che sembrano rasentare l'idolatria. Si tenta un riavvicinamento dei credenti alla vita della parrocchia attraverso il moltiplicarsi frenetico delle iniziative clericali di stampo propagandistico. In sostanza, si risponde alle esigenze poste dal rinnovamento della società con delle contromisure dettate dal vecchio modello di cristianesimo.
      Si vuole, attraverso di esso, contribuire alla formazione di una coscienza storica, sociale, educativa, familiare, sessuale. Ma come si può conciliare - ci domandiamo - questa conclamata volontà di cristianizzare tutti gli aspetti della vita con un processo sociale che sembra avanzare in una direzione del tutto opposta?
      Il comportamento della chiesa caprese, inoltre, non fa che evidenziare delle stridenti contraddizioni. Come si spiega altrimenti l'atteggiamento di chi per tutto un anno non fa che essere devoto all' etica del guadagno e poi è in prima fila nelle funzioni religiose, se non come un tentativo della coscienza di tacitare il senso di colpa? Che valore può avere la pratica religiosa di chi è altrimenti dedito ai valori del più becero consumismo?
      Ma sicuramente - è da presumere - ad una chiesa che cerca di conquistare tutto e tutti, di accontentare tutti e di non dispiacere a nessuno, forse non conviene assumere una posizione troppo critica verso quei ceti sociali che possono permettersi questo stile di vita. Evidentemente, essere accomodanti paga di più.
      La rivoluzione apparente della nostra chiesa fa sì, gattopardescamente, che "tutto cambi perchè nulla cambi". L'interrogativo con il quale chiudevamo il nostro precedente articolo si ripropone perciò in tutta la sua forza. Il consumismo, il materialismo e tutte le contraddizioni della nostra società abbisognano di una risposta di tipo etico, più sostanziale che formale.

      Daniele Vuotto