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Associazione
Culturale e Casa Editrice - Via San Costanzo, 8
80073 Capri Italy - Email info@oebalus.org |
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Ciò
che più spaventa dell’annunciata vendita o chiusura di alberghi
a Capri è il basso livello di allarme sociale che la notizia, diffusasi
all’inizio dell’inverno, ha provocato tra le forze sociali e politiche
capresi. Ancor più preoccupante è, poi, la completa assenza
delle pubbliche amministrazioni che solo dietro sollecitazioni hanno inserito
all’ordine del giorno di un consiglio comunale (precisamente al 16°
posto) l’argomento riguardante la chiusura o la vendita di alberghi. La
mobilitazione in atto, contemporaneamente, sulla crisi dell’edilizia la
dice lunga sulla reale incidenza di questo settore nella vita economica
e politica a Capri negli ultimi anni. Cosa sta succedendo a Capri? Negli ultimi decenni si è assistito a Capri ad una vera e propria trasformazione genetica dell’economia e della società caprese nel suo complesso da una economia prevalentemente turistica ad una economia complessa in cui, per assurdo, il settore turistico-alberghiero è divenuto marginale. Negli anni '50-'60 si concludeva un ciclo che aveva portato alla trasformazione della nostra società da una economia dove sopravvivevano ancora attività primarie, come la pesca e l’agricoltura, ad una economia quasi completamente legata all’industria turistica con una serie di attività indotte (commercio, artigianato). In quegli anni si registrano forti investimenti privati per la creazione o l’ampliamento di strutture alberghiere ed un incremento e consolidamento dell’occupazione nel settore turistico sia dei locali sia di un nutrito numero di lavoratori immigrati, specie dalla penisola sorrentina. Tipica e significatica di quegli anni era la tendenza invernale dei lavoratori nel settore turistico ad emigrare verso altre località turistiche con un positivo ritorno di specializzazione e qualificazione professionale. Accanto a famiglie e gruppi già tradizionalmente impegnati nel settore turistico si affiancarono, in quegli anni, nuove figure di imprenditori che dimostrarono dinamicità, coraggio e capacità manageriale. Perchè il giocattolo si è inceppato? Alla fine degli anni ‘60 la classe imprenditoriale caprese, di fronte a complesse trasformazioni del turismo a livello nazionale ed internazionale, dimostra una serie di contraddizioni interne e limiti che si possono sintetizzare nelle seguenti incapacità di rapporto con l’"esterno" . Proviamo ad elencare: - incapacità di creare strutture associative solide e durature. Nel momento storico in cui si richiedeva all’imprenditoria locale una grande capacità di rapportarsi non più in termini di efficenza personale ma di organizzazione e pianificazione della offerta e razionalizzazione dei servizi, si è continuato con il vecchio spontaneismo e con uno sterile individualismo; - incapacità ad operare come classe dirigente non solo economica ma anche politico-amministrativa, delegando completamente il potere amministrativo-comunale a persone per lo più estranee ai reali interessi del settore, incompetenti se non addirittura portatori di interessi unicamente personali che hanno permesso e favorito scelte ed interventi sul territorio deleteri per il turismo residenziale; - incapacità di percepire la qualità dell’offerta non solo in termini di efficenza aziendale ma come il risultato di interrelazioni tra varie componenti, anche e soprattutto esterne all’azienda. Non si è capito cosi la fondamentale importanza per il turismo caprese del fattore ambiente, non si è percepito la necessità di tutelare elementi semplici eppure fondamentali quali la tranquillità e la vivibilità complessiva , non si è tenuto conto che la qualita dell’offerta non può prescindere da un controllo ed un contenimento dei prezzi anche fuori dall’albergo, dall’efficenza di servizi basilari come quelli sanitari o da un politica culturale all’altezza delle aspettative di chi frequenta o frequentava l’Isola. Il turismo da elemento centrale e pregnante nella cultura dei capresi, dal semplice operaio all’amministratore, è divenuto quasi una opzione rispetto a più redditizie e sicure attività. Si è avuto così una perdita di quel senso e quella cultura dell’ospitalità che erano state alla base delle fortune turustiche capresi. Si è assistito, difatti, negli anni '60-'70 ad un vera e propria marginalizzazione dell’economia turistico-alberghiera, ad una assunzione sempre maggiore di importanza ed incidenza di una proficua attività edilizia e ad un florido settore legato ad un turismo gionaliero dalle molte sfaccettature, da quello più organizzato a quello da gita "fuori porta". Nel 1990 siamo arrivati così, nonostante la legge-Galasso, a circa 2000 addetti nel settore edile e nell’indotto ed ad una rete fitta e solidissima di attività commerciali, pubblici servizi e trasporti impegnati nel settore del turismo giornaliero. Le risposte degli albergatori Negli ultimi anni le risposte interne alle proprie aziende che gli albergatori di Capri, permanendo le suindicate incapacità a rapportarsi con l’"esterno", hanno dato a questa situazione sono state di due tipi: 1) molti albergatori, di fronte alle necessità di adeguamento dei servizi e di ristrutturazione dei propri alberghi, hanno risposto con la smobilitazione pura e semplice della struttura produttiva, in alcuni casi trasformata in multiproprietà, in altri casi trasformata semplicemente in appartamenti. Questa tendenza è stata favorita, naturalmente, anche dagli altissimi valori immobiliari che hanno creato moltissime rendite immobiliari di tipo parassitario. In questa fascia rientrano qugli alberghi che ancora oggi sono indecisi se investire o meno, mantenendo in ogni caso strutture e servizi inadeguati ai nuovi bisogni e ad una nuova domanda turistica. 2) molti altri albergatori hanno accettato, invece, la sfida investendo anche cospicue somme in ristrutturazioni parziali o generali degli immobili. In questa fascia rientra anche chi oggi ha ristruttazioni in corso o già programmate attraverso l’accensione di mutui. Questi alberghi oggi, a fronte di spese sostenute, si trovano ancor più in difficoltà rispetto alla contrazione della domanda e delle presenze alberghiere. In questa situazione è, inoltre, generale la tendenza a diminuire i costi di gestione, decurtando i livelli occupazionali e diminuendo, nel contempo, la qualità dei servizi. L’albergo a Capri, in parole povere, non crea più profitti tali da giustificare impegni di qualsiasi tipo. Non è più un investimento produttivo. Se non si blocca questa tendenza negativa, è probabile che dovremo assistere per i prossimi anni a nuovi annuci di vendita o di chiusura. Che ognuno si assuma urgentemente le proprie responsabilità per sventare una rovina che non sarà soltanto del settore alberghiero,ma coinvolgerà l’intera economia isolana. Riccardo Esposito |