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Associazione
Culturale e Casa Editrice - Via San Costanzo, 8
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Una
pia illusione Capri è una "nuova frontiera" di stampo americano, dove tutti, basta che lavorino, possono costruirsi una posizione economica invidiabile. La fama turistica dell'isola affonda le sue radici nella notte dei tempi, ed è un fattore "naturale". Stereotipi? Realtà? Elementi economici veri o supporti necessari al mantenimento di un determinato ordine economico? Sono questi interrogativi più che legittimi a cui, per contro, si aggiungono altri. L'economia isolana è in mano a quante famiglie? Le "fortune" al di fuori di questo ambito quante sono? Sono dovute al lavoro o ad eventi paralleli (matrimoni, giochi etc.)? Ed allora, forse, in fondo, quella sottile idea presente in ogni caprese, di essere parte di un "miracolo economico", è solo pia illusione. Quale la realtà e dove inizia questo "gioco di specchi"? Da una società arcaica... E' un'analisi certamente più complessa di queste poche righe, ma c'è un aspetto che stimola particolarmente la curiosità. Qual è il legame tra l'ordine economico ed il "mito" dell'isola? Nessuno - sembrerà a molti -: sono due cose che nascono in maniera differente e si evolvono autonomamente, senza alcun legame. Vero? Vediamo un po'. L'affermarsi del mito moderno dell'isola nasce all'inizio del '900, ma trova la sua impennata negli anni '50 con una trasformazione radicale: da presenza in ristretti circoli marginali a mito "borghese" per eccellenza. E non poteva essere altrimenti. Agli inizi del '900 la classe economica che poteva "pensare" di venire a Capri rappresentava il 3-4% dell'intera popolazione italiana. Il livello di vita del resto della popolazione era al di sotto del livello di sopravvivenza. E qual era l'economia caprese? Agricoltura, caccia, pesca e molta povertà. Le poche pensioni presenti erano a conduzione familiare e legate ad un turismo di "svernamento" o di "fuga" dal conformismo della società. Erano comunque elementi propulsivi insieme al poco commercio presente. ... ad una società "camorrogena". Negli anni '50 l'isola invece è un mito pienamente borghese e sempre più accessibile. Ma la domanda è un'altra: quale è stata la trasformazione interna? Il mito-Capri, prodotto esterno all'isola, ha provocato una veloce evoluzione interna: da società ad economia primaria a società a struttura terziaria. Qui si verifica il primo intoppo. Al sistema economico a base agricola si sostituisce un sistema ad economia mercantile e di rendita, ad un'economia, cioè, immobile. Lo status quo economico e politico sono le componenti tipiche di questo stato di cose: una vecchia ricerca dell'Università di Napoli, diretta dal Prof. D'Agostino, affermò che Capri era un comune "camorrogeno", vista la persistenza della classe politica. Il mito nascente è stato cioè adoperato per la costituzione di una classe economicamente dominante: tutto questo con la silenziosa complicità delle altre classi attirate dal miraggio di poter anche loro effettuare il passaggio. Ma lo spazio è scarso e l'avidità è grande! Una società ed un'economia immobili Il risultato è purtroppo semplice: si è persa una grande occasione. La formazione di una classe economica dominante di stampo mercantile e di rendita ha precluso la costruzione di un'economia propulsiva e di investimento. L'interesse della classe dominante caprese è esclusivamente il mantenimento dello status quo per poter rafforzare il valore della propria rendita; è interessata esclusivamente a che non succeda niente. E, d'altronde, dagli anni '50 ad oggi, che cosa è successo a Capri? Mario Massa |