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Associazione
Culturale e Casa Editrice - Via San Costanzo, 8
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Con una nota del 15 novembre scorso, il sindaco di Capri ha voluto porre
il problema dell'eventuale unificazione dei due comuni isolani. Il Dott. Federico si chiede se "si può correre verso il terzo millennio facendo trascinare l'isola da due cavalli forzatamente con andatura sempre diversa, una resistenza ed una continuità mutevoli e cangianti" e prospetta per l'isola tutta una gestione unitaria, libera da "lacci e laccioli di una frazionata, litigiosa, miope e antistorica divisione in due Comuni". La nota, poi, si conclude con un invito a dibattere il problema e a trovare una risposta ai quesiti posti. Ed io, seppure per niente abituato a cimentarmi con la stampa, colgo con piacere l'invito degli amici di Oebalus a tentare una riflessione sul tema, poiché esso è quanto mai stimolante ed attuale. Un approccio libero da campanilismi Ma, almeno ritengo, prima di affrontare le problematiche inerenti all'assetto amministrativo di Capri ed Anacapri, bisogna soffermarsi sulla più generale questioni dei rapporti tra le due comunità isolane, intese come insiemi di rapporti sociali, politici, economici e culturali. Ma è altrettanto necessario che l'approccio sull'argomento sia scevro di passionalità, sereno, laico, libero da tutti i complessi, pregiudizi, retaggi e campanilismi che spesso contraddistingono il modo di intendere l'isola da parte degli abitanti. C'è chi dimentica Anacapri... Da una parte i Capresi (i residenti nel Comune di Capri) a volte pare si dimentichino dell'esistenza di Anacapri e tendono - forse inconsapevolmente - ad identificare il loro comune con l'isola tutta e viceversa. Salvo poi ricordarsi del contrario allorquando occorre mobilitarsi unitariamente per raggiungere fini comuni: basti ricordare le lotte per il buon funzionamento dell'Ospedale o, più di recente, quelle per il ribasso degli estimi catastali. ... e chi soffre del "complesso-Capri" Di converso gli Anacapresi soffrono di una sorta di complesso Capri. Cerco di spiegarmi. Quando ad Anacapri, in sede istituzionale, politica o culturale, ci si chiede cosa sia il paese, quale sia e quale debba essere la sua identità, quali le sue prospettive di sviluppo e lungo quali strade muoversi per perseguirle, inevitabilmente si finisce a far paragoni con il vicino comune: gli alberghi debbono essere all'altezza di quelli capresi, i ristoranti e i locali notturni debbono raggiungere gli standards di quelli capresi, via Migliera deve diventare la Tragara di Anacapri e così via. E da tale ottica non escono neppure alcuni tra i più attenti lettori della realtà isolana. In una recente conferenza dei capo-gruppi del Comune di Anacapri, che affrontava questioni relative al redigendo piano di sviluppo alberghiero, uno dei partecipanti - di solito sempre puntuale e preciso nella discussione delle tematiche municipali - ha esposto un punto di vista che, pur apparendo prima facie ineccepibile, deve essere a mio parere ribaltato o, quanto meno, rivisitato. Esaminando l'attuale situazione ricettiva, infatti, il consigliere notava che la quasi totalità dei clienti dell'"Europa Palace Hotel" (l'élite tra gli ospiti di Anacapri) la sera non si ferma ad Anacapri, ma preferisce trasferirsi a Capri. Di conseguenza, concludeva il politico, Anacapri deve mutare il suo modo di essere: se lungo via Orlandi - citava a mo' di esempio - vi fossero esercizi commerciali di Fendi e Valentino al posto delle attuali salumerie e ferramenta, la strada principale di Anacapri non avrebbe nulla da invidiare a Via Camerelle e anche i turisti "migliori" si fermerebbero ad Anacapri. Inseguire all'infinito un modello? Io, però, ritengo che il ragionamento del capogruppo, pur essendo formalmente logico e conseguenziale, sia viziato dall'errore di partenza cui prima si faceva cenno: Anacapri non può continuare ad inseguire all'infinito il modello di Capri. Bisogna paradossalmente ribaltare quanto affermato in sede di conferenza dei capogruppi: non deve essere Anacapri ad adeguarsi al turista "buono", ma dovrà essere questi a capire e cogliere le opportunità che la cittadina offre. Anzi Anacapri, per perseguire uno sviluppo turistico vero, non dovrà tendere ad omologarsi sempre più con Capri, ma al contrario dovrà cercare di accentuare le differenze. Capri è e resterà l'ineguagliabile esempio del turismo mondano, dei personaggi più o meno famosi che vengono sull'isola per fare shopping a Camerelle, mangiare nei ristoranti alla moda, divertirsi in night e taverne e fare l'alba in piazzetta. Anacapri, invece, dovrà affermarsi sempre di più come centro di turismo culturale ed ambientale, luogo di vacanza, anzi di villeggiatura, per coloro che vogliono ritrovare un contatto diretto con la natura e l'ambiente, vogliono dedicarsi alle passeggiate e alle buone letture, vogliono riconciliarsi con se stessi prima che con gli altri. L'omologazione: una scelta sbagliata Certo questi due modi di intendere il turismo non possono non essere permeabili tra loro: chi viene sull'isola spinto da una delle suesposte motivazioni, vorrà certamente dare uno sguardo e fare una puntata nell'altro modo di fare turismo. Ma le differenze non possono scomparire. Capri ed Anacapri, in poche parole, invece di tendere ad una omologazione che, qualora realizzabile, sarebbe negativa, debbono sempre di più affermare con forza la loro complementarietà. Insieme, unite ed efficienti, possono offrire al turismo - che resta in ogni caso per l'isola tutta fonte principale se non esclusiva di reddito - un prodotto che possa soddisfare tutte le varie esigenze. Non una semplice fusione Chiarito il mio modo di leggere le due realtà isolane, posso ritornare alla domanda posta da Costantino Federico: è opportuno che Capri ed Anacapri siano rette da due diversi comuni? Ebbene, ritengo che se le due comunità sapranno riconoscersi vicendevolmente un ruolo di indispensabilità e di complementarietà, abbandonando qualsiasi idea di prevalenza e di subalternità dell'una nei confronti dell'altra, ben potranno tendere ad un nuovo assetto amministrativo unitario che possa permettere loro di affrontare più efficacemente i tanti problemi comuni e di offrire ai residenti ed agli ospiti servizi, nel campo della sanità, della scuola, dei trasporti, della lotta all'inquinamento e in quello della tutela ambientale, che siano degni di un luogo che anche nel 2000 voglia conservare un ruolo di protagonista della scena turistica ed economica italiana. Naturalmente, per fare ciò vi è bisogno non della semplice fusione dei due comuni, ma di un vero e proprio progetto istituzionale che, evitando i rischi di egemonia di una parte sull'altra e garantendo efficaci livelli di partecipazione democratica a tutti, consenta di perseguire quell'unità nella diversità cui prima facevo cenno. E, come diceva il Sindaco Federico, il dibattito può aprirsi sulle forme più idonee per arrivare a tanto. Mario Del Savio |